«Tanto, tanto tempo fa la nostra Infanta Imperatrice era malata e stava per morire, perché aveva bisogno di un nome nuovo che poteva darle solo un figlio dell’uomo.
Ma gli uomini non venivano più in Fantàsia e nessuno sapeva perché. E se lei fosse morta, sarebbe stata la fine anche di Fantàsia. Finché un bel giorno arrivò un essere umano, un bambino, e diede all’Infanta Imperatrice il nome di … . Lei tornò in buona salute e per ringraziarlo gli promise che nel proprio Regno tutti i suoi desideri si sarebbero realizzati, fino a quando avesse trovato la sua Vera Volontà. Da allora il bambino iniziò un lunghissimo viaggio, da un desiderio all’altro, e ogni desiderio che si realizzava lo conduceva a un altro. E non erano soltanto desideri buoni, bensì anche cattivi. Ma l’Infanta Imperatrice non fa differenza, per lei tutto è ugualmente importante e nel suo Regno tutto vale allo stesso modo. Però, per ogni desiderio esaudito, il bambino perdeva una parte dei ricordi del mondo dal quale era venuto. A lui non importava molto, perché, tanto, non ci voleva più tornare. Così continuava a desiderare e desiderare, e alla fine aveva speso quasi tutti i suoi ricordi, senza i quali non si possono avere desideri. Ormai non era quasi più un essere umano, era diventato piuttosto molto simile a un fantasiano. E la sua Vera Volontà non l’aveva ancora trovata. A questo punto, c’era il grave pericolo che consumasse anche i suoi ultimi ricordi senza venire a capo di nulla. E così non sarebbe potuto tornare mai più nel suo mondo.
Da ultimo, la sua strada lo portò alla Casa che muta, perché vi restasse fino a quando non avesse trovato la sua Vera Volontà. La Casa che muta, infatti, non si chiama così soltanto perché cambia se stessa, ma perché cambia anche quelli che ci abitano. E questo era molto importante per il bambino, perché fino a quel momento egli aveva sempre voluto essere un altro, ma non aveva mai desiderato di cambiare se stesso. »
Michael Ende, La Storia Infinita.
- «Questa scritta stava sulla porta a vetri di una botteguccia, ma naturalmente così la si vedeva solo guardando attraverso il vetro dell’interno del locale in penombra.»
- «Tanto più uno vuole passare, tanto più la porta si chiude. Ma se uno riesce a dimenticare ogni intenzione di passare e a non volere più nulla, allora la porta gli si apre davanti da sola, per incanto.»
- «Provò una sensazione di timore. Era la PAURA davanti all’incomprensibile, paura di una potenza soverchiante; tuttavia CONTINUÒ A CAMMINARE. Proseguì lentamente, un piede davanti all’altro, e sempre più grave si faceva il peso di quell’ARCANA PAURA che pareva premerlo al suolo. MA CONTINUAVA CAMMINARE. E proprio nell’istante in cui credette che tutte le forze della sua volontà non potessero bastare a sorreggerlo e a fargli fare un altro passo, in quell’attimo stesso OGNI PAURA SVANÌ DA LUI così completamente e senza lasciar traccia alcuna che egli provò la sensazione che MAI PIÙ AVREBBE CONOSCIUTO LA PAURA qualunque cosa potesse ancora accadergli.»
- «Tutto ciò che accade tu lo scrivi», disse. «Tutto ciò che io scrivo accade», fu la risposta.
- «Mentre procedeva in mezzo a quello splendido roseto, seguendo le dolci curve del sentiero, vide qualcosa che lo colmò di stupore perché, per quante strade avesse percorso, mai gli era capitato di incontrare nulla di simile; trovò un cartello, e sopra vi era la scritta: ALLA CASA CHE MUTA Era la casa più buffa che avesse mai visto. Essa stessa era in fase di lento ma continuo mutamento, con la calma e la tranquillità con cui una lumaca mette fuori le sue antenne.»
- «Per cent’anni, ospite amato, t’ho aspettato in questa casa. Poiché sei fin qui arrivato che sia tu sono persuasa. Per sfamarti e dissetarti, tutto è stato apparecchiato. Se vorrai qui consolarti, tenerezza ho preparato e conforto alle tue pene. La tua strada non fu corta, quel ch’è stato non importa, come sei così va bene. »
- «Gran signore, sii bambino! Torna essere piccino! Sulla porta non fermarti, ché sono qui per salutarti! Tutto è stato preparato, anni e anni t’ha aspettato.»